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A Milano l'inno alla gioia di Nick Cave
Più che un concerto un rito, la musica come esperienza salvifica
(di Gioia Giudici) Più che un concerto, un rito, un inno alla gioia e alla potenza salvifica della musica: è l'esperienza catartica officiata ieri sera al Forum di Assago da un Nick Cave in forma strepitosa, accompagnato dai Bad Seeds in due ore e mezza di un live che è l'unica data italiana del tour legato all'ultimo album 'Wild God'. Ed è da lì, da questa perla piena di gioia, nata dall'accettazione dell'esperienza più dolorosa, il lutto legato alla morte di due figli, che prende il via il concerto milanese, tutto esaurito da mesi. Abito nero, camicia bianca e cravatta, attorniato dalla sua band - che oltre al braccio destro Warren Ellis, al chitarrista George Vjestica, al percussionista Jim Sclavunos e alla tastierista Carly Paradis, comprende Colin Greenwood dei Radiohead al basso - e accompagnato da quattro coriste gospel, il 67enne australiano sceglie la via del minimalismo nella scenografia, con due maxischermi a lato del palco che trasmettono le riprese in bianco e nero e il piano al centro della scena. E' poi il ledwall alle spalle del set a riempirsi delle parole prese dalle canzoni, messaggi come 'Amazed of love, amazed of pain' che accompagnano 'Frogs', il brano scelto come apertura dello show, subito seguito da 'Wild God', dove Cave si siede al piano e ordina agli 11mila di Assago: "Bring your spirit down!". Alle nuove canzoni - saranno poi otto in tutto il concerto - subentra "un brano che ho scritto 22 anni fa, mentre guardavo giocare i miei figli nel playground, li guardavo e pensavo che non avrei potuto proteggerli per sempre, soprattutto dalle mie ferite". Ed è proprio con 'O' children', suonata al piano, che si entra nel cuore del concerto, in uno scambio viscerale con il pubblico, che alza le mani al cielo come se avesse davanti il Messia, abbraccia le gambe di Cave come se fosse la statua di un santo. Lui, che ha voluto togliere ogni distanza dal pubblico, si concede magnanimo, officiante benedicente di un rito collettivo nutrito di vecchi e nuovi brani, armonicamente insieme, così come il rock più rumoroso e il gospel. Da 'Joy', cuore pulsante dell'ultimo lavoro di studio con i Bad Seeds, il 18esimo, uscito lo scorso agosto, alla tiratissima 'Conversion', "a new story" dice lui dal palco, passando per classici come la travolgente 'The mercy seat', "From her to eternity" e "Tupelo", la ninna nanna rock 'Carnage', che inizia al piano e finisce gospel, così come 'The white elephant', sulle cui note le coriste scendono a cantare abbracciate a Cave. Qualcuno dal parterre gli lancia un fazzolettino per tergersi il sudore, il rocker australiano se la ride, si asciuga e lo restituisce come una reliquia al pubblico, con cui interagisce di continuo, avvicinandosi fino a toccare le prime file di adoranti, imponendo le mani sui suoi fedelissimi, chiedendo loro di cantare, continuando a ripetere come un mantra le parole di 'Conversion', 'Stop! You're beautiful'. Come lo era Anita Lane - che fece brevemente parte dei Bad Seeds e scrisse alcune canzoni con Nick Cave all'inizio delle loro carriere - le cui immagini scorrono sul maxischermo mentre lui le dedica la nuova 'O Wow O wow (how wonderful she is'). Un tributo pieno d'amore, come lo è il finale, con 'Into my arms' cantata a una sola voce come una preghiera.
K.Hassan--SF-PST