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Sulla terra leggeri, caccia ai ricordi e all'amore perduto
A Locarno l'opera prima di Fgaier, secondo film italiano in gara
(di Francesca Pierleoni) Un'amnesia improvvisa per non vivere il dolore di aver appena perso la moglie: è il buio nel quale finisce il 65enne Gian (Andrea Renzi), professore di etmomusicologia protagonista di Sulla terra leggeri, opera prima di Sara Fgaier (già montatrice per Pietro Marcello), con Sara Serraiocco, Emilio Francis Scarpa (interprete di Gian ventenne) e Lise Lomi, secondo film italiano in gara al Locarno Film Festival e più avanti in sala con Luce Cinecittà. Un racconto composto da fiction, suggestioni e immagini d'archivio, che viaggia in dimensioni temporali diverse, tra Italia e Tunisia (la sceneggiatura è firmata dalla regista con Sabrina Cusano Maurizio Buquicchio). "La primissima volta in cui ho deciso di fare un film mio è stata 15 anni fa - spiega Fgaier -. Sento di essermi preparata a lungo. Qui ho unito testi che mi avevano segnato, diventati un'unica voce, ricerche sui sogni, sul lutto, i rituali, in Italia e Nordafrica. Tutte esperienze che riconfigurano spazio e tempo e ci riportano ai bisogni primari, per uscire del nostro ego". La regista ha messo l'amore al centro del film, perché è qualcosa che segna "un prima e un dopo, non si esce mai, dopo averlo vissuto senza essere cambiati". Nella storia Gian, come in un'atmosfera da mystery, inizia a ricomporre i suoi ricordi quando la figlia Miriam (Serraiocco), che il professore non riconosce più, gli consegna un diario scritto dall'uomo in giovinezza sul suo grande primo amore, Leila. "Interpretare Miriam - dice Serraiocco - mi ha subito affascinato, è una donna molto matura che ha il compito di riportare in vita le memorie del padre. Lei subisce un duplice lutto: dopo la madre perde anche il papà, perché con quell'amnesia vede che la figura paterna le si disintegra davanti… ". Il personaggio che interpretiamo Emilio ed io si compone di tempi diversi - osserva Renzi -. Siamo stati accomunati dalla sensibilità di Sara sul set, dal suo essere alla ricerca di qualcosa di necessario ". Il tono mystery "è un elemento che era ancora più presente in sceneggiatura - aggiunge Fgaier -. Quella di Gian è un'indagine, la ricostruzione del passato, che lo porta a scomparire, rinascere, e avere una seconda possibilità con un cambio di prospettiva. Nella memoria continuiamo a far vivere le persone. È qualcosa di potente. In fondo i morti non sono tali finché non decidiamo di dimenticarli".
H.Jarrar--SF-PST